L’ascolto empatico

Agnese
Agnese

Saper ascoltare


Vi siete mai seduti in silenzio senza fermare l'attenzione su una cosa qualsiasi, senza fare il minimo sforzo per concentrarvi, con
una mente davvero calma? Se lo fate, potete ascoltare i rumori lontani e quelli vicinissimi a voi: siete in contatto coi suoni.
Allora state veramente ascoltando. La vostra mente non si limita a funzionare attraverso un solo insufficiente canale. Quando
ascoltate in questo modo, con grande tranquillità, senza sforzo, scoprite che dentro di voi avviene un cambiamento straordinario,
un cambiamento che non dipende dalla vostra volontà e che si produce senza che voi lo chiediate; è un cambiamento che porta
con sé l'immensa bellezza di una percezione profonda.

L’ascolto è il uno dei pilastri dei rapporti umani; ogni rapporto, familiare, lavorativo, amicale, si basa ed è arricchito dalla capacità di ascoltarsi reciprocamente. L’ascolto necessita di tempo, interesse e di attenzione nei confronti del proprio interlocutore. 

L'ascolto è l'atto dell'ascoltare. « Non ha a che fare solo con la parola detta, ma con il silenzio. Anche il silenzio ha bisogno di ascolto, perché è intriso di emozioni, ricordi, suoni, messaggi, che la parola sovente nasconde ».

Per C. Rogers, «ascoltare equivale a percepire non solo le parole ma anche i pensieri, lo stato d’animo, il significato personale e persino il significato più riposto e inconscio del messaggio che viene trasmesso dall’interlocutore». L’ascolto implica un entrare in punta di piedi nel mondo dell’interlocutore ; perché questo avvenga si rende necessario sospendere ogni forma di giudizio iniziale.

L’ascolto è un atto di attenzione verso l’altro che presuppone la capacità di decentrarsi, di mettere a tacere il proprio dialogo interno per dedicarsi davvero a quello che la persona sta dicendo sospendendo ogni forma di giudizio. Molto spesso, nella nostra modalità di ascolto, presi da mille impegni, ci fermiamo alla superficie della comunicazione senza coglierne i significati più profondi.

Recentemente, sfogliando un libro di ideogrammi cinesi di una mia amica, mi sono imbattuta su quello inerente la parola ascoltare:

 

  • L’orecchio
  • L’occhio: per “vedere” l’atteggiamento, lo sguardo del tu, l’alterità che ci sta davanti che non corrisponde a quello che io vorrei che l’altro fosse ma a quello che è realmente
  • Il cuore ( “si vede e si sente bene solo con il cuore”, Il Piccolo Principe)
  • Io
  • Tu

Quante volte nell’interazione con gli altri ci capita di fermarci alla prima dichiarazione cogliendole il significato letterale senza esplodere la mappa del nostro interlocutore?  Per comprendere davvero la persona che abbiamo davanti dobbiamo esercitare l’ascolto attivo. Mettere a tacere pensieri, idee, proposte, consigli, permettendoci di stare ed essere in relazione con l’Altro.

Per C. Rogers, “L’ascolto implica un entrare in punta di piedi nel mondo dell’interlocutore ; perché questo avvenga si rende necessario sospendere ogni forma di giudizio iniziale”. L’ascolto attivo è il motore per favorire e facilitare il cambiamento nelle altre persone;  non a caso in molte relazioni d’aiuto chi viene ascoltato “attivamente” matura e cresce in consapevolezza ed emotività. L’ascolto attivo, infatti, implica il passaggio da un atteggiamento del tipo “giusto/sbagliato”, “amico/nemico” ad uno in cui si assume che l’interlocutore segue una sua linearità d’azione. Per comprendere maggiormente la differenza tra Ascolto Passivo ed Ascolto Attivo si può prendere come esempio situazioni interculturali in cui “uno stesso comportamento” può avere significati antitetici e al tempo stesso legittimi (Arte di ascoltare e mondi possibili, Marianella Sclavi). Ad esempio, il “non guardare negli occhi una persona anziana e autorevole” in un contesto culturale può essere segno di rispetto, in un altro segno di mancanza di rispetto.

"Questo significa che dobbiamo essere disponibili a sentirci "goffi", a riconoscere che facciamo fatica a comprendere ciò che l'altro ci sta dicendo: in questo modo stabiliamo rapporti di riconoscimento, rispetto e apprendimento reciproco che sono la condizione per affrontare congiuntamente e creativamente il problema. È la rinuncia alla arroganza dell'uomo-che-sa e l'accettazione della vulnerabilità, ma anche l'allegria, della persona-che-impara, che cresce, che cambia con gli altri invece che contro gli altri"

La dinamica di questo tipo di comunicazione è rappresentata dall’aneddoto del “giudice saggio”. Al giudice saggio furono portati i due litiganti. Egli ascolto molto attentamente le ragioni del primo e commentò: “Tu hai ragione”. Poi ascoltò il secondo e di nuovo commentò: “Tu hai ragione”. A questo punto un osservatore esclamò: “Eccellenza, non possono avere ragione entrambi!”. Il giudice saggio ci penso sopra e poi, serafico: “Hai ragione anche tu”. Quando ci muoviamo entro un "sistema semplice" (cornici condivise, stesse premesse date per scontate) l'abitudine di pensiero più adeguata è quella della logica classica, della razionalità analitica e lineare. Ma quando il sistema di cui siamo parte è "complesso" (caratterizzato dalla comunicazione fra cornici diverse), bisogna passare ad un'altra abitudine di pensiero guidata dall'ascolto attivo, interessata alle cornici e premesse implicite, che considera l'osservatore parte integrante del fenomeno osservato, circolarmente e auto-riflessivamente.

Sempre più spesso con il diversificarsi della nostra società, l'ascolto attivo diventa una competenza di base, indispensabile anche nella vita quotidiana all'interno di una "stessa cultura". Questa competenza oggi è spesso richiesta anche nei rapporti fra genitori e figli, fra marito e moglie, fra insegnanti e allievi, fra pubblici amministratori e cittadini, fra urbanisti e abitanti.

Nel libro l’ Arte di ascoltare e mondi possibili, Marianella Sclavi propone sette regole  inerenti l’arte di ascoltare:

  1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.
  2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.
  3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva
  4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico.
  5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze.
  6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.
  7. Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica.
    Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sè.

 

 

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